Le altre immagini di un Occhiomagico
Per una archeologia visiva di un futuro anteriore
«Tutto quello che ho davanti io me lo immagino…vedo altre cose (…) Lavoro sulle storie che la fotografia mi aiuta a rappresentare costruendo, contrariamente alla sua natura di documento, teatri inventati e nello stesso tempo giovandomi del suo realismo magico. Metto in scena racconto e sogno, vissuto ed immaginato, presente e passato, luce e ombra. Attraverso ed osservo il mio giardino segreto, trovando analogie, complicità, mezze verità, ricordi…»
Giancarlo Maiocchi
La galleria Vision in Motion e la libreria Quartiere Latino ospitano a Conegliano (TV) nelle loro due sedi – da sabato 24 gennaio a domenica 8 marzo – un’articolata mostra antologica delle opere di Giancarlo Maiocchi, alias Occhiomagico, curiosamente giocate su un effetto di straniamento, offerto da immagini, monocromatiche e a colori, ipoteticamente archeologiche, le quali evocano il futuro anteriore di un universo contiguo a quello nostro.
A Conegliano, nella storica via XX settembre, meno di quattro minuti di tragitto (cronometro alla mano) separano la galleria Vision in Motion dalla libreria Quartiere Latino: un breve e piacevole passeggio che i visitatori della mostra di Occhiomagico sono invitati a percorrere il giorno dell’inaugurazione, sabato 24 gennaio 2015, a partire dalle ore 17 in galleria, con prosecuzione alle 18 in libreria.
La mostra di Occhiomagico prevede, inoltre, due momenti forti: in occasione dell’inaugurazione, il 24 gennaio, alle ore 18,30, presso la libreria Quartiere Latino, il prof. Corrado Castellani, collaboratore della libreria, e il fotografo Giuseppe Dall’Arche, ideatore della galleria Vision in Motion, dialogheranno con l’autore Giancarlo Maiocchi; successivamente sabato 7 febbraio, alle ore 17, sempre in libreria, Angelo Schwarz, critico e storico della fotografia, già ordinario di Storia e tecniche della fotografia nell’Accademia delle Belle Arti di Venezia, terrà una lezione magistrale che avrà per tema: «Cosa è fotografia? Il caso di un occhiomagico».
A proposito di non poche immagini esposte in mostra, Angelo Schwarz così scriveva già nel 1984: «Dare conto delle immagini prodotte da Occhiomagico non è certamente facile. E’ più comodo guardarle. Lo spessore che rivelano mette in discussione tutta una serie di luoghi comuni sulla fotografia: scrivere di questo vuol dire dar conto di quelli. E tutto diventa più complicato di quanto già non sia, quando lo spazio è quello di un breve testo: lo spazio per tentare di spiegare ad altri, a volte, è lo stesso spazio necessario per spiegare le cose a noi stessi.
La prima cosa che risulta evidente nel guardare queste immagini è la loro novità visiva sul piano percettivo e questa “novità” è resa possibile dall’uso (immediatamente non evidente) di tecniche diverse nella costruzione delle immagini stesse. Immagini non fotografiche? Non proprio, piuttosto immagini anche fotografiche. Là dove quell’anche mette in discussione vetuste categorie come quelle degli “specifici” che, se hanno qualche utilità pratica nel periodo dei primi passi di un “arte” (téchne), di poi, quando questa è matura, sono più d’impiccio che di qualche utilità. E la fotografia, per la verità, fin da i suoi esordi ha avuto imprescindibili legami con la stampa, il teatro e la pittura e il cinema, la radio, le forme degli oggetti e dei manufatti della società industriale (e il computer oggi con tutte le sue declinazioni).
Nelle immagini di Occhiomagico questi legami non vengono subiti, ma esplicitamente utilizzati per costruire una sorta di super-immagine, anche fotografica. Della fotografia, infatti, questa “super-immagine” conserva e ridà l’ambiguità, ma pure la realtà dell’impronta materiale di un evento. E da qui parte l’intrigo percettivo delle immagini di Giancarlo Maiocchi alias Occhiomagico. Anche la fotografia è un sistema simbolico (in quanto memoria tecnologica di segni) e, in quanto tale, media una determinata visione del mondo legata ad un modo di essere nel mondo nel tempo e per gli esseri umani di quel tempo. I tempi mutano, gli esseri umani mutano e l’essere nel mondo per essi muta. Una fotografia pure neopositivista è il caso che non sia più sufficiente per rappresentare il mondo, almeno in alcune occasioni. E quindi, si può dare il caso che quella divisione del lavoro già presente negli studi fotografici dell’epoca di Disderi venga superata dal lavoro di gruppo dove scompare definitivamente la figura mitica (più che reale) dell’autore. Magari l’immagine parte non più da un idea (altro mito), ma da un progetto assunto in quanto tale.
La rete e l’identificazione dei nodi attraverso la quale viene costruita l’immagine non vengono giustapposte a posteriori, ma stabilite a priori, verificando poi le coincidenze.
Tecniche di rappresentazione visiva diverse (aerografia, video, scenotecnica, elaborazioni ottiche ed elettroniche, riprese fotografiche) permettono di rompere con una razionalità, figlia di circa mezzo millennio di geometria descrittiva, di arte e illusione, per proporre un’altra razionalità o meglio altre co-realtà.
Immagini, quelle prodotte da Occhiomagico, che nascono dallo scontro tra una cultura industriale e una cultura post-industriale. E se questa affermazione vien fatta, è perché alla mente di chi qui scrive ricordano un altro caso in cui lo scontro di due culture produsse delle altre immagini anche fotografiche: alcune di quelle prodotte da indiani sotto la dominazione britannica in India, attorno alla fine dell’Ottocento. In alcune di queste immagini (si veda il bel volume di Judith Mara Gutman, Through Indian Eyes – 19th and Early 20th Century Photography from India, Oxford University Press / International Center of Photography, New York 1982) non c’è soltanto la volontà di colorare fotografie monocromatiche, ma il rifiuto di assumere pedissequamente un sistema simbolico di rappresentazione, quale è quello dato dalla camera, oscura o chiara che sia.
Nel valutare poi la qualità estetica delle immagini di Occhiomagico, non si dimentichi che esse non sono “gratuite”, ma utili, nate da una committenza che non è quella del mercato dell’arte, ma del mercato tout-court. La loro realizzazione ha richiesto e richiede un impegno economico non indifferente e il committente richiede che esse siano conseguenti ad una strategia della comunicazione il più circostanziata e puntuale possibile: anche in questo senso, i giochi delle avanguardie sono giochi fatti e definitivamente consumati».
Info: Galleria Vision in Motion – Via XX Settembre 69 – 31015 Conegliano (TV)
Tel. 0438 336811 Mobile 3356779770 – www.visioninmotion.it
Libreria Quartiere Latino – Via XI Febbraio 34, 31015 Conegliano (TV)
Tel. 0438 411989 – www.quartierelatinolibri.it